di Paola Alagia

La dimensione ludica e la narrazione di storie, in gergo “storytelling”, che siano favole o racconti, sono due approcci didattici insostituibili per l’insegnamento della lingua inglese a studenti con problemi di dislessia. Non senza, però, una buona predisposizione da parte dei maestri a stabilire un canale di comunicazione con i singoli interlocutori. 

“Se la lingua è viva, e indubbiamente lo è, il suo primo scopo è quello della comunicazione, non importa se essa avviene soltanto o soprattutto nella forma orale. L’importante è attivare un canale che ci consenta di essere capiti da un interlocutore e di capirlo a nostra volta”.  Proprio da questa premessa è scaturito il lavoro di Claudia e Rossana Gabrieli in Dyslexia. What is it?“, uno studio ad hoc sull’insegnamento della lingua inglese ad allievi dislessici.

Secondo le due autrici, all’età di tre anni un bambino per farsi capire utilizza il linguaggio orale proprio come gli alunni dislessici che presentano problemi con il canale scritto: “Da questa riflessione che è stata applicata nelle scuole materne per insegnare la lingua straniera a bambini dai tre ai cinque anni, dunque in età pre-grafica – sottolineano – nasce l’idea di utilizzare le stesse metodologie per insegnare l’inglese ai bambini e ragazzi dislessici”.

Da Piaget a Chomsky, da De Saussure a Bruner, le scrittrici, con una penna lucida e agile, guidano il lettore in un viaggio, a tappe, tra le principali teorie pedagogiche e psicolinguistiche sull’insegnamento della lingua straniera. Senza dimenticare gli aspetti normativi della scuola italiana e, nello specifico, quelli relativi all’inglese e ai Disturbi specifici di apprendimento (Dsa). Di fronte ad una legislazione spesso lacunosa e poco chiara, Claudia e Rossana Gabrieli, però, il loro punto di vista lo esprimono in modo netto: Il dislessico può apprendere le lingue, anche se magari soltanto nelle sue strutture basilari, come chiunque altro, ma l’insegnamento deve adattarsi ai suoi bisogni specifici, alle sue verità, ai suoi punti di forza, soprattutto basandosi su una scelta di metodologie, che dovrebbero garantire al nostro studente un futuro un po’ più facile rispetto a quanto abbia avuto finora. Il tutto, non si insisterà mai abbastanza contemporaneamente ad un rinforzo e ad un sostegno formativo rivolto agli insegnanti”.

Ed è proprio a loro che le autrici, docenti esse stesse, si rivolgono con questa guida didattica. Un volume sia teorico che pratico che ci porta direttamente tra i banchi, in classe. Nella scuola dell’infanzia, prima, e nella primaria, media inferiore e superiore, dopo. Ben cinque unità di apprendimento, per lo più incentrate sul metodo del racconto e del gioco, infatti, sono sviluppate nel testo, con tanto di obiettivi e percorsi contenutistici. Una dettagliata indicazione degli strumenti didattici, siano essi disegni, audiocassette o computer, poi completa il lavoro. 

Uno studio condotto in maniera dettagliata e con uno stile semplice e diretto che rappresenta uno strumento di vera e propria formazione per gli insegnanti di lingua e di sostegno all’apprendimento per gli allievi dislessici. 

http://www.nannimagazine.it/

Un commento su “UN LIBRO PER INSEGNARE L’INGLESE ANCHE AI DISLESSICI”

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