Ho appena letto, nel blog Nell’educazione un tesoro, la lettera di una mamma pubblicata sul Corriere della Sera in data 13/11/2010 e la risposta di Isabella Bossi Fedrigotti, e mi sono indignata!

Ma andiamo per ordine, ecco la lettera e la risposta:

“Gentilissima signora Fedrigotti, possiamo accantonare per un momento le piste ciclabili, gli scavi interminabili dei parcheggi, le ruote panoramiche, per parlare nuovamente del disagio di alunni portatori di Dsa? Nella nostra bella Milano, nei nostri rinomati licei quale è il prezzo da pagare per chi ha la sfortuna di essere dislessico conclamato? Il prezzo è quello che ragazzi normo intelligenti sono costretti a pagare perché non sono accettati da professori che non vogliono sentire parlare di dislessia poiché per loro è un intralcio. Si liquidano i genitori dicendo che il liceo «tal de’ tali» ha obiettivi alti e quindi il figliolo è tagliato fuori, meglio che cerchi un altro indirizzo o un altro istituto. Dandogli praticamente del deficiente, non applicano le norme compensative (dicendo di averlo fatto) tanto chi può contraddire e contestare il loro operato? I danni che questo atteggiamento provoca sono devastanti sull’autostima che crolla miseramente, ma anche gli anni scolastici persi danneggiano la psiche dei ragazzi che si sentono prima incompresi e dopo inadeguati. I professori che disattendono l’applicazione della nuova legge vigente dovrebbero stare molto attenti poiché, prima o poi, a pagare un prezzo elevato per incompetenza saranno proprio loro. Avevo già scritto l’anno scorso, ero speranzosa, ma con l’ennesimo cambio di professori tutto è precipitato miseramente. Spero che voi come Corriere possiate fare arrivare in alto le mille voci – frustrate e impotenti – dei ragazzi che soffrono di dislessia.
Liliana

Possiamo accantonare, certo, per parlare del problema delle dislessia. Si sa, purtroppo, che una parte dei professori ancora incontra difficoltà con gli studenti che ne soffrono, scambiandola magari con poca voglia di impegnarsi, ragione per cui molti genitori sono indotti a cambiare scuola ai loro figli, in cerca di un sistema d’insegnamento diverso nonché di insegnanti che i dislessici, li sappiano, invece, accogliere e sostenere. Qualcuno trova rifugio in scuole private, altri in istituti meno rampanti. Non molti sono quelli che tengono duro là dove non c’è sufficiente attenzione per il problema. Detto questo – e il mio discorso ha carattere del tutto generale – le iscrizioni di quest’anno confermano che la corsa ai licei non accenna a diminuire. E sono di solito i genitori a imporre questa scelta che ha per unico sbocco l’università, spesso in spregio alle effettive capacità dei ragazzi. Mentre ci sono ottimi istituti tecnici e professionali dagli innumerevoli orientamenti che, tra l’altro, scongiurano lo spettro della disoccupazione meglio di vari tipi di facoltà universitarie.
Isabella Bossi Fedrigotti (
ibossi@corriere.it).

Il discorso di carattere generale, come risposta ad un caso particolare, mi sembra fuori luogo. Inoltre mi sembra anche offensivo parlare di “capacità” dei ragazzi, piuttosto che di “attitudini”.

E ora dico la mia personalissima esperienza di mamma. Il mio secondogenito l’anno scorso si è trovato alle prese con la scelta della scuola superiore. Ebbene, comunica a me e al padre di voler frequentare il Liceo Classico. Preciso che il mio promogenito sta ultimando le scuole superiori frequentando una scuola professionale. Io sono inorridita per una serie di motivi:

1) perchè mio figlio aveva fatto delle “pessime” scuole medie (da non addebitare la “colpa” solo alla scuola) e non era “abituato” a studiare;

2) la sua dislessia comporta anche delle difficoltà di tipo linguistico;

3) l’idea più in generale che facesse un Liceo mi spaventava, soprattutto il Classico, che io ritengo un pò fuori dai tempi moderni!

4) la presenza massiccia del greco e del latino…

Insomma, tutto deponeva a sfavore della Scuola, ma lui ha tanto insistito che siamo arrivati alle strette: mi ha detto che io non gli davo fiducia solo perchè era dislessico! Di fronte a questa frase non ho avuto più dubbi. Dovevo sostenerlo, a qualsiasi costo, perchè aveva il diritto sacrosanto, come tutti, di mettersi alla prova, di cercare la sua strada.

Non è stato un anno facile, soprattutto perchè lui ha un caratterino molto orgoglioso e all’inizio non ha voluto esporsi e accettare qualche “aiuto” in più anche a scuola, e poi non aveva proprio idea di cosa significasse lo studio!!! Senza nessun aiuto a casa (o quasi) è stato rimandato in greco, latino e… inglese! Ha studiato con una brava prof. (illuminata, ma anche informata sulla dislessia) durante i 2 mesi estivi e ha fatto una prova brillante, a detta dei professori.

Ora fa il V Ginnasio, ha capito che se vuole fare questa scuola ha bisogno di un sostegno in alcune materie, ma lui è felice, e sono felice anche io! Certo, so che la strada è lunga… ma so anche che non bisogna mai uccidere i sogni di un ragazzo, dislessico o no!

E’ questo che vorrei dire alla signora Bossi Fedrigotti!

3 commenti su “ANCHE I DISLESSICI HANNO UN’ANIMA: LE MIE RIFLESSIONI DI MAMMA”

  • Grazie. Infatti il punto è propio quello: contano le attitudini, la passione, la volontà. L’avere un D.S.A. o non averlo non può e non deve assolutamente essere la discriminante.

  • io sono veramente stanca di tutta questa miopia, inesistente lungimiranza, e volontaria ignoranza…è un’ epidemia devastante….è vero che i dislessici hanno un modo diverso di apprendere, ma anche di pensare, hanno la capacità di affrontare i problemi in modo diverso…hanno intelligenze brillanti quando scelgono strade che esaltano le loto attitudini…

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