Può essere dislessia?

Un bambino che ha avuto un disturbo di linguaggio, anche lieve, è teoricamente più a rischio, così anche se c’è “familiarità”, cioè se un altro familiare del bambino ha avuto delle difficoltà a scuola o non è riuscito a finire gli studi. Un bambino che dopo le feste di Natale non ha cominciato a leggere e scrivere ha bisogno di un inquadramento diagnostico, per vedere se ha bisogno di una “mano”.

Ciò nonostante, la diagnosi di dislessia può avvenire solo alla fine del secondo anno di scuola elementare, cioè quando si è completato il periodo di alfabetizzazione.

Chi fa la diagnosi?

La diagnosi la fa un team di specialisti, fra cui il medico (Neuropsichiatra, Foniatra, Audiologo, etc.), lo psicologo e il logopedista in modo particolare.

Ci sono anche altre figure in Italia che si occupano dei DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) come i Pedagogisti Clinici o gli Psicomotricisti. E’ importante, comunque, che il team o gli specialisti, siano competenti in materia.

E se mio figlio fosse soltanto “pigro“?

La diagnosi di pigrizia non esiste, e io mi meraviglio sempre molto quando sono gli stessi pediatri ad utilizzare questo termine. Esistono bambini che sono più lenti degli altri, che fanno più fatica e allora bisogna capire perché…

La terapia logopedica quando è indicata nella dislessia?

Teoricamente la terapia logopedica può essere indicata sempre, naturalmente parliamo di bambini, ma potrebbero giovarsi anche gli adolescenti. Il periodo di inizio e il tempo di durata della stessa sono variabili da caso a caso e devono tenere conto del tipo di disturbo (non tutte i DSA sono uguali) e della sua gravità. Teniamo conto, però, che esiste una “finestra evolutiva” oltre la quale la plasticità cerebrale rallenta, per cui non ha più senso fare logopedia.

Perché quando sembra aver imparato, all’improvviso “scompare” tutto?

La difficoltà del dislessico negli automatismi in quei processi come la lettura e la scrittura, lo porta a un’incostanza nelle acquisizioni. Questa instabilità dura molto a lungo ed è un elemento di irritazione e di conflittualità con l’adulto che non riesce a spiegarsi perché aspetti apparentemente già acquisiti vengono in qualche modo rimessi in gioco. Purtroppo questo aspetto viene spesso interpretato come mancanza di impegno o rifiuto dell’aiuto che viene offerto al bambino…

Come evolve la dislessia?

Da alcuni studi internazionali si è potuto vedere che un buon numero di dislessici (45% circa) compensa, cioè trova delle sue strategie per aggirare gli ostacoli che incontra nella lettura e scrittura. Una piccola percentuale (20%) “recupera”, nel senso che il disturbo si “risolve”, cioè non ha più nessuna manifestazione clinica. in circa il 35% il disturbo permane.

Qui trovi un articolo di come evolve la dislessia in età adulta.

Ma allora la dislessia è una malattia?

Assolutamente no, anche se il termine disturbo può trarre in inganno. La dislessia è data da un diverso funzionamento neurobiologico di alcune aree cerebrali, ma questo non significa che ci siano lesioni al cervello o altre malattie!

I dislessici apprendono utilizzando altri canali preferenziali, diversi dalla lettura e dalla scrittura.

Ma quanto incidono le problematiche familiari sulla dislessia?

Ne più ne meno di quanto incidano in qualsiasi altro bambino.

Qualcuno crede ancora che la dislessia possa avere origine da dinamiche relazionali intrafamiliari. Questo è assolutamente inesatto e può generare tanta confusione nei genitori che si sentono colpevolizzati da una cosa che per molto tempo, prima che la scienza potesse “entrare nel cervello” dei dislessici, è stata un po’ una credenza comune.
 
 
Perché quando il bambino dislessico deve giocare o fare qualcosa che gli piace sembra non avere più nessuna difficoltà, mentre quando fa i compiti tutto diventa così difficile?

I bambini dislessici sono come gli altri, e il gioco piace a tutti i bambini. Le loro difficoltà sono “specifiche”, perciò si chiama Disturbo “Specifico” di Apprendimento! E poi, a chi piacerebbe fare una cosa faticosa?

Ricordiamo che anche quando la dislessia sembra essere compensata, la fatica e i tempi più lunghi per imparare, permangono quasi sempre!

Come fare per i compiti a casa?

I genitori, come sempre, sono le persone meno indicate per aiutare il figlio a scuola, perché coinvolto affettivamente. Il bambino ha bisogno di sentirsi “bravo” con i genitori! L’ideale sarebbe che si seguito da un’insegnante che lo aiuti nei compiti, soprattutto quando questi aumentano di numero e difficoltà.

Mio figlio non segna mai i compiti sul diario!

Purtroppo questa è una cosa comune a tanti dislessici, per una serie di motivi: stanchezza, difficoltà a scrivere, rifiuto psicologico e tante altre cose legate al come e quando vengono segnati i compiti in classe.

Qui trovi alcuni consigli…

Come comunicare al bambino la diagnosi di dislessia?

Non bisogna tenere nascosto al bambino la sua dislessia, altrimenti continuerà a non capire e ad immaginarsi cose terribili, o ancora, di non essere capace. 

Come si sente un bambino dislessico?

Ti consiglio di leggere qui e qui.

Cosa fare per aiutare i bambini dislessici a scuola?

A parte lo specifico, a cui rispondo nelle domande successive, è importante che il genitore porti la diagnosi di dislessia a scuola e PROTOCOLLATA in segreteria. Quindi l’ideale sarebbe mettere al corrente i docenti e, laddove indicato, poter avere dei colloqui con i genitori ed, eventualmente, con gli specialisti che seguono il bambino, anche perché la scuola dovrà redigere il PDP (piano didattico personalizzato). Il PDP  dovrebbe essere a tutela, da una parte, del ragazzo in questione, perché garantisce il rispetto del suo “diverso modo di apprendere” da parte degli insegnanti, dall’altra, dovrebbe tutelare i docenti, perché in questo modo rendono “trasparente” il percorso che stanno attuando a favore del ragazzo.

Che cosa sono gli strumenti compensativi e le misure dispensative?

Le strategie compensative e dispensative a favore degli studenti dislessici sono una combinazione di interventi che non significa “essere più buoni” nei confronti dello studente, ma aiutarlo a liberare energie per l’apprendimento dei contenuti. Il recupero delle informazioni, a sua volta, può essere facilitato con l’uso di strumenti come schemi o tabelle. Anche nel caso delle funzioni compensative, i risultati migliori sono stati riscontrati con l’impiego dell’informatica. La tecnologia, del resto, offre la sintesi vocale, i libri digitali, i dizionari computerizzati. Senza dimenticare la videoscrittura, utile in particolare perché permette di manipolare le parti del testo; un aspetto, questo, di particolare rilievo nel caso di studenti dislessici.

Qui trovi un esempio di come la didattica dovrebbe essere modificata.

Che cosa dice la legge 170/2010 sulla dislessia?

Qui trovi i contenuti rilevanti.

Cosa sono i libri in formato digitale?

I dislessici apprendono prevalentemente utilizzando le vie visiva e uditiva, che quindi vanno ben evidenziate e supportate nel momento dell’apprendimento. E’ necessario avere libri che visivamente siano chiari e definiti, che permettano perciò un facile lavoro di memorizzazione visiva. Importante è l’uso del grassetto e/o del corsivo quali stili differenziati, l’uso di evidenziazioni, colori, box che permettano di ricordare bene la posizione sul foglio di immagini e singole parole. Il carattere di stampa dovrebbe essere semplice e “senza grazie”, comunque di facile leggibilità. Esistono poi, anche gli audiolibri.

Queste caratteristiche sono facilmente rintracciabili nei libri digitali in pdf aperto che riproducono fedelmente il libro di testo cartaceo. E’ importante la compresenza del libro cartaceo assieme al libro digitale, dove la sottolineatura e il completamento scritto acquistano una valenza operativa che rimane impressa visivamente e come memoria di lavoro.

Ovviamente avere un libro digitale quale copia identica del libro cartaceo, non è caratteristica bastante per facilitare l’apprendimento che, solo con questo mezzo, potrebbe avvenire identica anche sul solo libro cartaceo. La grande utilità del file del libro di testo è la possibilità di trasporne il contenuto, semplificarlo, riassumerlo, utilizzarlo per fare mappe concettuali.
Qui trovi il resto dell’articolo.
 
I ragazzi dislessici possono frequentare l’Università?
 
Certamente, i dislessici possono raggiungere qualsiasi obiettivo, a patto che trovino un ambiente idoneo e che riescano a trovare delle strategie di studio adeguate.
DISLESSIA E ADULTI
 
E per la diagnosi agli adulti?
Ormai sono diversi i Centri che si interessano di diagnosi per gli adulti. Informati presso l’ASL o l’Ospedale a te più vicino.
Le seguenti informazioni riguardo alla dislessia negli adulti sono tratte dal sito dell’Associazione Italiana Dislessia.

In Italia, i Disturbi Specifici dell’Apprendimento interessano circa il 4% della popolazione, circa 2.000.000 di persone.

La dislessia e gli altri disturbi specifici dell’apprendimento spesso si compensano, ma continuano a persistere anche nell’età adulta, spesso con ricadute nella vita personale e lavorativa.

La Legge 170/2010 (“Nuove norme in materia di Disturbi Specifici di Apprendimento in ambito scolastico”) e i successivi decreti attuativi, prevedono tutele per gli studenti con DSA non solo durante il percorso scolastico, ma anche durante gli studi universitari. Per saperne di più, clicca su questo link.

In ambito lavorativo ci sono diverse novità che riguardano la partecipazione ai concorsi pubblici, le prove di esame per l’abilitazione alle professioni.

Per maggiori informazioni clicca su questo link.