Le ultime ricerche ci hanno confermato che il cervello dei neonati è prodigiosamente predisposto per il linguaggio; proprio per questo è importante, però, sapere anche quali siano gli stimoli giusti. 

La prima cosa, la più importante, è parlare con il neonato (come spiega Tracy Hogg nel suo libro Il linguaggio segreto dei neonati), come faremmo con bambini più grandi, per spiegare quello che stiamo per fare: “Adesso la mamma ti prende in collo per andare a fare il bagnetto”, “Contiamo fino a tre e poi ti prendo in collo”, “Ci prepariamo per uscire” e così via. Gli studiosi pensano che i bambini siano abituati al suono della voce della mamma fin dal pancione e che serva loro più tempo, dopo la nascita, per riconoscere e scegliere la voce del papà.

Quando la mamma parla ad un bambino piccolissimo gli si rivolge usando un registro particolare, chiamato maternese o babytalk, con una serie di caratteristiche che sembrano facilitare il compito di comprensione del piccolo. Come per magia, le mamme senza saperlo e senza averlo appreso da nessuna parte, adeguano il proprio modo di parlare via via che i bambini crescono – in gran parte guidate da un ascolto attento che riesce a valutare i progressi e le difficoltà. La caratteristica principale del Baby Talk è la semplificazione in vari ambiti linguistici, attraverso un uso semplificato della sintassi e del lessico, la scansione fonetica e l’uso di ripetizioni. 

Le ricerche dicono che è giusto adattare il proprio stile alle capacità comunicative dei bambini, facendo attenzione a due cose in più:

– il babytalk si deve adeguare ai progressi del bambino e non deve restare sempre uguale.

– Il contesto comunicativo in cui vivono i bambini deve essere ricco e presentare anche stimoli superiori alle capacità che rivela in quel momento il bambino, per aiutarlo a progredire.

E’ stato osservato che anche i papà si rivolgono ai piccoli usando accorgimenti particolari, ma producendo una complessità maggiore di quella del maternese, tanto che è stata formulata l’ipotesi del “ponte”: i papà, secondo questa ipotesi, avrebbero il ruolo di traghettare i piccoli verso un linguaggio più complesso, quello che incontrano fuori di casa.

Gli studi hanno dimostrato che i bambini piccoli, almeno fino ai 9 mesi, preferiscono ascoltare un discorso rivolto a bambini, quindi con le caratteristiche del babytalk, piuttosto che un discorso rivolto ad adulti. 

Fonte: Baby Talk

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