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Quando parliamo di Disturbo Specifico di Apprendimento ci riferiamo, appunto, all’apprendimento scolastico: lettura, scrittura, calcolo e tutto ciò che ne è implicato: abilità linguistiche, abilità meta-fonologiche, abilità visuo-spaziali, memoria, attenzione.

L’apprendimento è un processo complesso e non si tratta solo di imparare un codice come la lettura e la scrittura.

Sottolineo questo perché ho letto in rete che si comincia a parlare di Dislessia Prescolare e vorrei chiarire, per quello che mi è possibile, che non è un termine plausibile.

Non lo è perché, appunto, gli apprendimenti scolastici legati alla lettura e scrittura sono relativi alla Scuola Primaria e, in particolare, per quanto riguarda la lingua italiana, ai primi due anni di alfabetizzazione. Per esempio, questo, non vale per la lingua inglese, in quanto essendo una lingua opaca (mancata corrispondenza tra segno e suono) c’è bisogno di tre anni di prima alfabetizzazione.

Ciò significa che, secondo protocolli nazionali e internazionali, mentre in Italia la diagnosi di DSA può avvenire fra la fine della II classe e l’inizio della III classe della Scuola Primaria, in Gran Bretagna ciò avverrà con un anno di ritardo, fra la fine della III classe e l’inizio della IV. Questo per quanto riguarda la lettura e la scrittura. Per il calcolo la prima alfabetizzazione è più lunga e ci vorranno 3 anni di frequenza scolastica, per cui la diagnosi di un’eventuale discalculia arriverà a fine III classe, principio della IV.

Da ciò la conclusione è che se un bambino è in difficoltà già durante la I classe va valutato, anche se parleremo di un “ritardo negli apprendimenti”. Infatti non è detto che un bambino in difficoltà con la prima alfabetizzazione sia dislessico, potrebbe solo essere un bambino che ha bisogno di tempi più lunghi, come accade, ad esempio, nei bambini anticipatari (e su questo ci sono diversi studi).

Visto le implicazioni di cui parlavo all’inizio dell’articolo, è chiaro che un bambino può mostrare già dei segnali durante la Scuola dell’Infanzia e gli studi ci dicono che ci sono tanti segnali di rischio o predittivi di un futuro DSA (che sappiamo avere una certa componente genetica). Ma questo non significa che posso fare una diagnosi di DSA se il bambino non è stato ancora esposto alla letto-scrittura!

Io stessa, 5 anni fa, pubblicavo un articolo in cui parlavo di una ricerca italiana su un gruppo di neonati, mostrando che le abilità di elaborazione acustica e di orientamento dell’attenzione nello spazio, anche in bambini molto piccoli, sono indicative delle successive capacità di comunicazione, di linguaggio e di lettura.

In un altro studio americano del 2012, un gruppo di ricercatori hanno eseguito test di risonanza magnetica funzionale su 36 bambini in età prescolare mentre eseguivano operazioni che richiedevano di decidere se due parole fossero pronunciate dalla stessa voce. Si registrava le differenze di attivazione in alcune aree cerebrali fra bambini in età prescolare a rischio dislessia e no. Nel corso di questa attività fonetica, i bambini con una storia familiare di dislessia mostravano di avere (rispetto ai controlli di pari età, quoziente intellettivo e status socio-economico) una ridotta attività metabolica in specifiche regioni cerebrali. 

In uno studio italiano dello scorso anno,  eseguito al Medea di Bosisio Parini, è stato elaborato un “nuovo” metodo per individuare i disturbi di apprendimento che si basa sulla valutazione dell’attenzione visuo-spaziale. Cioè l’abilità ad estrarre da un contesto complesso le informazioni rilevanti, “oscurando” quelle irrilevanti. Abilità che si sviluppa a due anni e che si può valutare con semplici test.

E’ qui la novità di cui si parla è davvero relativa se non, forse, nel modo in cui i bambini vengono testati. Ma di questo studio non si è saputo più nulla…

A questo punto, per maggiore chiarezza, vi riporto le Linee Guida, coerenti con le Raccomandazioni per la pratica clinica per i DSA elaborate con il metodo della Consensus Conference e con quanto emerso dalla Consensus Conference promossa dall’Istituto Superiore di Sanità (Art. 3 comma 3 della legge n. 170 del 2010):

Interventi per l’individuazione del rischio e la prevenzione dei DSA nella scuola dell’infanzia

La comunità scientifica concorda nel considerare lo sviluppo atipico del linguaggio come indicatore particolarmente attendibile per l’individuazione del rischio di DSA, assieme ad alcuni aspetti della maturazione delle competenze percettive e grafiche.

Tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, nessun indicatore isolato è in grado di fornire una previsione “certa” della futura comparsa di un DSA. L’uso di più indicatori simultaneamente aumenta la probabilità di individuare i singoli soggetti che avranno difficoltà signifìcative, ma non garantisce che queste siano imputabili ad un DSA.

Il DSA è infatti un disturbo dimensionale dell’apprendimento, definito come una prestazione inferiore ad un livello prestabilito: gli indicatori (atipie nello sviluppo delle competenze linguistiche, percettive e grafiche) esprimono la maturazione lenta o atipica o la non efficienza di una abilità o del processo sottostante, ma non possono predire se la difficoltà di apprendimento sia sostanzialmente risolvibile oppure mostrerà di essere un disturbo.

Inoltre, lo sviluppo delle competenze di ciascun bambino può subire rallentamenti ed accelerazioni poco prevedibili: una situazione di “rischio” può quindi non costituire una caratteristica stabile nel tempo.

La rilevazione delle potenziali difficoltà di apprendimento può iniziare, quindi, con discreta efficacia, soltanto nell’ultimo anno della scuola dell’infanzia. In tale contesto, particolare attenzione andrà posta alle difficoltà che i bambini anticipatari possono incontrare, che possono derivare dalla necessita di ulteriori naturali tempi di maturazione e non da difficoltà di apprendimento né tanto meno da disturbi.

Le difficoltà eventualmente emerse dalle attività di identificazione non debbono portare all’invio dei bambini al servizio sanitario, ma ad un aumento dell’attenzione ed alla proposta di specifiche attività educative e didattiche. Si sottolinea, al riguardo, che nella scuola dell’infanzia non è previsto effettuare invii al servizio specialistico per un sospetto di DSA.

Un discorso a parte può essere fatto per quei bambini che presentano già un disturbo del linguaggio conclamato o altri disturbi significativi, che possono o meno avere come evoluzione un DSA: in questi casi i bambini dovranno essere aiutati ad un percorso diagnostico e ad eventuale presa in carico specialistica prima dell’ingresso nella scuola primaria.

Ma quali sono gli indicatori di rischio?

Per quanto riguarda il rischio di dislessia, gli indicatori più sensibili sono riferiti allo sviluppo del linguaggio (capacità di comprensione e di espressione, alterazioni fonologiche significative, capacità percettivo-uditive, competenze di manipolazione consapevole dei suoni all’interno delle parole).

Per quanto riguarda il rischio di disturbi di scrittura, accanto agli indicatori linguistici già descritti per la lettura, vanno considerati quelli legati alla maturazione delle competenze visuo-costruttive e di rappresentazione grafica.

Per quanto riguarda I’area del calcolo, gli indicatori di rischio sono riferiti alla difficoltà nella rappresentazione delle quantità, nel loro confronto e manipolazione (aggiungere e sottrarre) e nella capacità di astrazione della numerosità al di là del dato percettivo dell’oggetto o degli oggetti.

L’identificazione delle difficoltà di sviluppo può essere attuata attraverso lo strumento dell’osservazione sistematica (a scuola). In ogni caso, la realizzazione di percorsi formativo-progettuali per l’intero gruppo di bambini, che va anteposta alla segnalazione alle famiglie per l’invio ai servizi sanitari, deve comunque costituire materia di dialogo e di scambio educativo con le famiglie stesse, al fine di individuare e di condividere i percorsi migliori per ciascun singolo bambino.

Spero di aver fatto un po’ di chiarezza sull’argomento.

 

 

2 commenti su “DISLESSIA E DIAGNOSI: SEGNALI PREDITTIVI E TEMPI”

  • Gent.ma dott.ssa Grenci, vorrei sottoporle un dubbio.
    Con dei test di performance quali sono i test diagnostici utilizzati per le diagnosi di DSA, come è possibile discernere tra problemi del bambino nell’apprendimento oppure problemi dell’ambiente scolastico, sociale e famigliare che il bambino ha frequentato dalla nascita?
    Ho letto sulla Conference Consensus che per una diagnosi è necessario escludere l’inadeguatezza ad esempio della scuola, e che è necessario che a scuola siano state messe in atto attività di recupero e potenziamento sulle difficoltà mostrare dal bambino, per valutare appunto una resistenza del problema di apprendimento. Ma come fa lo specialista a testare la bontà della didattica attuata in classe? Le chiedo questo perché ci sono classi della scuola primaria in cui sembra che troppi bambini con difficoltà si siano dati appuntamento…
    Grazie in anticipo della cortese risposta.

    • Buongiorno Stefano, la diagnosi di DSA avviene in equipe e seguendo dei criteri di esclusione. Questo significa che fra logopedista, psicologo e NPI ci si occupa di verificare tutta una serie di elementi, compreso il metodo di apprendimento della letto-scrittura e se sono stati messi in atto appunto strategie o potenziamenti. Testare la “bontà” della didattica non è compito di nessuno… E comunque, in genere, quando ci sono dubbi, la diagnosi viene fatta sempre dopo un periodo di terapia logopedica e/o potenziamento, per vedere quanto e cosa un bambino ha “recuperato”.

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