Una mamma parla di suo  figlio  Alessio di 8 anni:

 

… Fino ai suoi tre anni, nessuno si è accorto che c’era in lui qualcosa di “diverso”. Le sue tappe di sviluppo sono state nella norma, anche se – rispetto alle sorelle prima e al fratello più piccolo dopo – un po’ tardive.
In particolare è stato più difficile, rispetto agli altri, togliergli il pannolino e insegnargli il controllo degli sfinteri. Anche il linguaggio si è presentato tardi, con una lieve “dislalia” (errori di pronuncia che però sono molto diffusi nei bambini piccoli), però ha parlato subito con una tale proprietà di linguaggio che abbiamo continuato a pensare che tutto andasse bene.
A tre anni, iniziata la scuola materna, sono cominciati a “suonare” i primi campanelli d’allarme.

 

 

Il mio bambino, innanzitutto, aveva un problema che proprio non riuscivo a spiegarmi: la “scialorrea”. Ossia, non deglutiva la saliva e aveva sempre un “rivoletto” che gli arrivava sul mento. Per questo motivo gli altri bambini avevano cominciato a prenderlo in giro o gli stavano lontani.
Ma il suo pediatra non ci trovava niente di particolarmente strano. Se ad un certo punto abbiamo aperto gli occhi dobbiamo ringraziare le sue maestre F. e M. Loro si sono accorte che qualcosa non andava: Alessio sembrava a volte non sentire quello che loro dicevano, si distraeva molto facilmente e loro, con grandissimo tatto, ci misero a parte dei loro dubbi e così, grazie a loro, Alessio ha potuto ricevere l’aiuto di cui aveva bisogno. Alessio, che ha quasi finito la prima elementare in un altro quartiere, se le ricorda ancora, tanto ha voluto loro bene (e tanto gliene hanno voluto loro)…
Dopo la loro segnalazione abbiamo seguito l’iter “classico” e cioè test audiometrico (negativo), valutazione logopedica e neuropsicomotoria, visita neuropsichiatrica infantile. La diagnosi è stata unanime: disprassia dell’età evolutiva.
Devo dire che è stata una doccia fredda.
Il mio bambino bellissimo e amatissimo era in qualche modo “diverso” dagli altri. Ho pianto tanto, nella mia mente si sono disegnati scenari futuri catastrofici. Insomma “digerire” una notizia del genere è stata davvero dura. Ma poi, abbiamo deciso di reagire e di capire cosa potevamo fare per lui.
Prima di tutto ci siamo documentati su questo disturbo che, purtroppo, pur essendo parecchio diffuso (circa il 6% della popolazione, soprattutto maschile), è misconosciuto in Italia (soprattutto nelle scuole, devo dire…)
Di cosa si tratta esattamente?
Potrei scriverci un trattato, ma per spiegarlo in poche parole, si tratta di una difficoltà o incapacità di compiere azioni coordinate tra loro al fine di ottenere uno scopo preciso. Questi bambini, riescono a raggiungere determinati obiettivi solo dopo che qualcuno abbia mostrato loro molte volte la sequenza esatta da eseguire, finché non la assimilano.
In parole molto povere, mentre ognuno di noi quando fa un tentativo, se sbaglia non ripete l’errore e prova in un altro modo cercando la “giusta strategia”, un bambino disprattico (o disprassico) continuerà a provare nello stesso modo continuando a commettere gli stessi errori. Spesso la disprassia è associata ad altri Disturbi Specifici dell’Apprendimento come la dislessia, la disgrafia, la discalculia, la disortografia. Ma questi sono difficilmente diagnosticabili prima dell’età scolare e la diagnosi “ufficiale” può essere fatta solo verso la fine della seconda elementare.
Sulle cause della disprassia, gli scienziati non sono concordi. Quindi, in realtà, non si conoscono: sono state avanzate molte ipotesi ma nessuna è stata confermata come “la verità”. Nella maggior parte dei casi, comunque, il quoziente intellettivo di questi bambini è nella media e in molti casi superiore alla media.
po la diagnosi, è iniziato il vero “calvario” per cercare un centro che potesse seguirlo. I medici dicevano che un intervento riabilitativo doveva essere precoce, e noi eravamo preoccupatissimi. Non potevamo permetterci una terapia in una struttura privata, così ci siamo dovuti mettere in lista d’attesa facendo domanda presso tutti i possibili centri accreditati. Dopo una certa fatica (e un paio d’anni) siamo riusciti a fargli iniziare la terapia a carico del Servizio Sanitario Nazionale, in un centro convenzionato, la UILDM che si occupa di lui e in un certo senso anche di tutti noi.
Alessio fa terapia neuropsicomotoria e logopedica 5 volte alla settimana. In due anni di terapia i suoi progressi sono stati superiori ad ogni aspettativa. Il merito va all’équipe che lo segue, ma un po’ di merito voglio darlo anche a lui, alla sua grandissima forza di volontà, alla sua voglia di riuscire.
Adesso Alessio ha quasi finito la prima elementare (gli abbiamo fatto fare “permanenza” un anno in più alla materna, per permettere di raggiungere le competenze adeguate ad affrontare la prima elementare). Nel corso di questo anno, che pure è andato bene dal punto di vista didattico, Alessio presenta anche caratteristiche tipiche di dislessia, disgrafia e disortografia (legge con difficoltà, confonde alcune lettere, fa una gran fatica ad usare il corsivo, scrive i numeri in modo speculare e non riesce a ricordare autonomamente le regole ortografiche). Le sue maestre dicono che capisce le cose al volo e, per quest’anno, anche se con qualche difficoltà, è riuscito a “compensare” con la sua intelligenza e caparbietà le richieste scolastiche.
Su Facebook ho conosciuto, grazie un gruppo dedicato proprio alla disprassia un sito ed un forum dedicato alla dislessia e ai DSA (Disturbi specifici dell’Apprendimento) in generale: www.dislessia.org Per me trovare questo forum è stato come trovare un’oasi nel deserto: mi sono sentita capita e spronata a lottare ancora per mio figlio, perché possa avere le stesse possibilità date agli altri bambini.
Per concludere, di una cosa Alessio potrà sempre essere certo: i suoi genitori saranno sempre dalla sua parte, lo incoraggeranno e lotteranno sempre per lui.
Alessandra Rossetti

 
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