In una società sempre più caratterizzata dalla performance, nella quale la competizione per essere sempre i primi della classe è il valore dominante, inevitabilmente il dislessico, il neurodivergente in generale, rischia di essere considerato come un intralcio. Eppure questa è solo l’apparenza.

Come spiegavo tempo fa in questo articolo, in cui riferivo di una ricerca dal titolo Developmental Dyslexia: Disorder or Specialization in Exploration?, condotta da due ricercatori dell’Università di Cambridge, a loro avviso le persone dislessiche sono specializzate nella ricerca cognitiva esplorativa e, piuttosto che pensarle con un disturbo neurocognitivo, sono da considerarsi essenziali nell’adattamento umano.

Allora bisognerebbe dare ampio spazio al loro pensiero, ma non succede perché lo studio afferma che i sistemi educativi utilizzano principalmente il pensiero in modo utilitaristico (un esempio è l’imparare e ripetere a memoria), invece che lasciare spazio al pensiero esplorativo, il che può aiutare a spiegare perché gli studenti dislessici abbiano tanta difficoltà a scuola.

Come pensano i dislessici?

Come ho avuto modo di parlarne soprattutto ne Le aquile sono nate per volare, il loro pensiero è essenzialmente per immagini, vedono il quadro generale, hanno uno sguardo globale e, perciò, pensano a lungo-termine. L’inventività e la creatività sono i loro comportamenti esplorativi, avendo successo in compiti che richiedono la correlazione di combinazioni insolite di idee che supportano soluzioni nuove e originali.

Sono più veloci nella manipolazione mentale in 3D, con un percorso unico di elaborazione dei dati visivi. Gli studi hanno anche suggerito che un sistema di elaborazione così unico potrebbe essere vantaggioso nelle attività che richiedono di utilizzare una prospettiva diversa o vedere schemi attraverso forme complesse.

Allo stesso modo gli individui dislessici possono sperimentare deficit nell’attenzione focale ma una migliore risoluzione della visione periferica. La loro attenzione uditiva è più ampia nello spazio, questo dimostrerebbe anche perché sono più facilmente distraibili.

Conclusione: i ricercatori affermano che

I sistemi educativi che valutano principalmente la capacità di riprodurre informazioni note, invece di utilizzarle per sviluppare nuove soluzioni ed esplorare l’ignoto, mettono gli individui più esplorativi in uno svantaggio significativo.

Scuole, istituti accademici e luoghi di lavoro non sono progettati per sfruttare al massimo l’apprendimento esplorativo, ma dobbiamo urgentemente iniziare a coltivare questo modo di pensare per consentire all’umanità di continuare ad adattarsi e risolvere le sfide chiave.

Ancora una volta viene interpellata la scuola, come specchio della società, nella speranza che valuti a fondo le implicazioni di questo lavoro, in modo che possa diventare la base per un’istruzione “migliore” per tutti gli studenti dislessici.

La ricerca in inglese è disponibile qui: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fpsyg.2022.889245/full

 

2 commenti su “EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ E IL PENSIERO ESPLORATIVO DEI DISLESSICI”

  • I continui riferimenti all’impostazione scolastica, sono l’analisi di fatto delle tendenze presenti in quasi tutti coloro che lavorano a contatto diretto con i discenti. Ma le strutture ataviche, seppur lentamente, si modificano nel tempo. Bisogna continuare a sollecitare la consapevolezza e il senso di responsabilità verso le nuove generazioni.

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