Oggi voglio condividere con voi parte di un intervento del Professore Giacomo Stella dal titolo Il Ritmo della Classe.

… Secondo i neuropsicologi che studiano le funzioni corticali, un atto per essere  giudicato efficiente dev’essere non solo corretto, ma anche eseguito rapidamente e senza sforzo eccessivo. Dunque, ritornando alla nostra domanda “quanto fa 4+5?” per giudicare come efficiente la risposta, non basta che il bambino dica 9, ma è anche necessario che lo faccia in un tempo rapido (che naturalmente varia con l’età e la classe frequentata). Se un bambino di 5^ primaria di solito impiega mezzo secondo per rispondere, cosa dobbiamo pensare quando incontriamo nella stessa classe un suo compagno che risponde correttamente, ma  impiegando 4 secondi? Le neuroscienze ci dicono che il tempo più lungo sta ad indicare l’inefficienza delle strutture funzionali preposte e che l’intervallo maggiore è determinato dalla ricerca di vie compensative per dare la risposta. E’ come se, invece che fare la strada più breve per raggiungere una meta, l’individuo che impiega più tempo dovesse fare un percorso più lungo perché la via più breve è bloccata. Quali conseguenze ha questo allungamento, per l’individuo che è costretto a compiere il tragitto più lungo? Arriva ugualmente al risultato, ma sarà più stanco, perché ha fatto più strada. E se per qualche  motivo costui deve  fare molti di questi piccoli percorsi nel corso della giornata, l’effetto cumulativo sarà notevole, con un ritardo molto marcato rispetto agli stessi individui che possono raggiungere lo stesso posto per il percorso più breve.

Dunque le informazioni  fin qui riportate  sulla velocità di esecuzione di un compito ci consentono di affermare che:

  • la lentezza nella prestazione è un elemento qualitativamente rilevante nei processi di apprendimento in quanto indica lo sforzo che un soggetto deve compiere per svolgere un’operazione.
  • i bambini più lenti si stancano di più  perchè fanno un “percorso” più lungo e per questo, con il prolungarsi dell’attività, rischiano di commettere un maggior numero di errori.
  • la velocità di esecuzione non è tuttavia un elemento qualitativo correlato all’intelligenza. Ci sono bambini molto intelligenti che non riescono ad essere veloci, mentre viceversa bambini meno dotati cognitivamente possono essere molto rapidi dal punto di vista esecutivo.

Da un punto di vista didattico, le ricadute  di queste considerazioni per la pratica del l’insegnante potrebbero essere riassunte in queste riflessioni:

  • il bambino lento nella risposta, o nella scrittura, o nella lettura  non deve essere penalizzato  nella valutazione per la sua lentezza, anzi, è necessario tenerne conto nelle prove di verifica, dandogli meno esercizi da svolgere o più tempo per eseguirli.
  • non è utile, sollecitarlo a velocizzarsi in quanto questo risultato si ottiene solo molto lentamente nel tempo e solo se il bambino rimane motivato a ripetere ciò che gli viene richiesto. Per questo motivo è importante non frustrarlo nello svolgimento, sia pure lento delle sue attività.
  • non è opportuno fargli terminare ciò che non ha terminato durante i momenti in cui gli altri fanno attività ricreative (come purtroppo spesso succede), ma è meglio dargli le attività da completare a casa, con il suo ritmo, verificando che il sovraccarico  di attività da svolgere a casa non diventi eccessivo.

Rispettiamo il SUO ritmo, e il suo processo di apprendimento ne trarrà beneficio.

http://www.sosdislessia.it/

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