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E’ la scuola un luogo dove la persona è riconosciuta in tutta la sua globalità di corpo e di mente, di emozioni e ragione, di cuore e intelletto e dove si superano dualismi come quello cartesiano tra pensiero e materia, o come quello tra soggetto e oggetto?  Un luogo dove i verbi dello scrivere, parlare, ascoltare, leggere si coniugano con quelli dell’esplorare, costruire, danzare, mimare, sentire, fare, simulare, toccare, manipolare, interpretare e rappresentare, sperimentare e provare, o invece è lo spazio della unidimensionalità, della frammentazione, dell’oblio non solo delle emozioni, ma anche delle proprie disposizioni particolari, uniche, della globalità della persona?

Allora a chi imputare la demotivazione, l’agitazione, la noia, la passività, l’irrequietezza che noi costatiamo in questi bambini e questi ragazzi? Lo imputiamo a loro, o meglio ad una società malata e ad una famiglia che è in crisi, o c’è qualcosa anche nella scuola che non funziona, un modello che non è rispettoso della loro dignità, un agire volto più a chiedere conformismo, adattamento, passività, piuttosto che libertà, creatività, indipendenza, autonomia, ricerca?

…L’enfasi sui risultati, la pressione sui bambini e sui ragazzi è lo specchio di un modello scolastico improntato alla dipendenza e alla passività.  Questa non è propriamente la strada per il tanto invocato apprendere ad apprendere, per l’acquisizione delle competenze, che è poi il cammino per incoraggiare i bambini ed i ragazzi ad essere protagonisti, in prima persona, della propria biografia.

Vi ho incuriosito? Allora andate a leggere l’intera prefazione di A scuola senza zaino e scoprirete che esiste un mondo sotteraneo anche nella scuola italiana che è quello legato appunto alle Scuole senza zaino, idea partita anni fa da un dirigente in provincia di Lucca, Marco Orsi, e poi diffusosi in alcune scuole coraggiose (perlopiù toscane) del nostro territorio.

“Togliere lo zaino è  un gesto reale, infatti  gli studenti delle scuole sono dotati di una cartellina leggera per i compiti a casa, mentre le aule e i vari ambienti vengono arredati con mobilio funzionale e dotati di una grande varietà di strumenti didattici sia tattili che digitali.  Ma togliere lo zaino ha anche un significato simbolico in quanto vengono realizzate  pratiche e  metodologie innovative in relazione a tre valori a cui ci si ispira:  la responsabilità, la comunità e l’ospitalità.

 Si tratta  di realizzare una scuola diversa da quella tradizionale che è normalmente  impostata sull’insegnamento trasmissivo e  standardizzato impartito nei tipici ambienti definiti  cells & bells (celle e campanelle), unidimensionali, dove  aule spoglie sono ammobiliate con le consuete file di banchi posti di fronte ad una cattedra, cui fanno da riscontro disadorni atri e  vuoti spazi connettivi.

Se ci si fa caso  si tratta di una questione planetaria.  Infatti in molte parti del mondo gli studenti utilizzano lo zaino per  portare a scuola e riportare a casa il proprio materiale come libri, quaderni, penne, matite, gomme, forbici, squadre e righe, colori ecc.  La cosa per la verità è un po’ strana.  Nessuno si è mai domandato perché un qualsiasi lavoratore trova i propri strumenti del mestiere sul posto di lavoro al contrario degli studenti.  In effetti lo zaino comunica un senso di precarietà e di inadeguatezza,  non a caso è stato inventato – come si può facilmente leggere in un qualsiasi vocabolario –  per gli alpinisti e per i soldati con il chiaro scopo di affrontare luoghi inospitali.   

Rendere le scuole ospitali è, dunque, un impegno di cambiamento.  E tuttavia l’ospitalità implica non solo costruire ambienti belli ed amichevoli, ma anche accogliere le diversità, far sì che ciascuno diventi responsabile per i propri e gli altrui talenti, originalità, bisogni e in generale per il precorso di crescita e di apprendimento.  Inoltre bisogna riflettere sul fatto che conoscere il mondo significa renderlo a noi comprensibile, trasformarle, umanizzarlo per farlo diventare, appunto, ospitale. La responsabilità e l’ospitalità, infine, si aprono alla costruzione della scuola come comunità, luogo di condivisione, di cooperazione e co – costruzione del sapere.”

 

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