Le tracce e le scoperte dei navigatori del mondo, di un’artista dislessica, riflette le capacità di una persona la cui cognizione è specializzata nell’esplorazione. Immagine: Kristjana S Williams

Stanno emergendo interessanti approfondimenti dalla ricerca sulla dislessia e da una nuova teoria dell’evoluzione cognitiva umana chiamata “cognizione complementare”. Questa teoria pubblicata di recente propone che gli esseri umani si siano evoluti in modi diversi ma complementari, per specializzarsi nell’elaborazione delle informazioni.

La teoria suggerisce che la collaborazione per combinare queste diverse specializzazioni consente ai gruppi umani di agire come qualcosa di più della somma delle loro parti complementari, aumentando la nostra capacità di co-creare, di risolvere problemi e adattarsi.

Fondamentalmente questa specializzazione cognitiva riflette la misura in cui gli individui riescono a esplorare il noto rispetto all’ignoto. Questa nuova ricerca propone l’ipotesi che le persone dislessiche sono specializzate nell’esplorazione dell’ignoto.

La combinazione di queste specializzazioni cognitive può essere alla base del nostro successo come specie, rendendoci eccezionalmente adattivi, se collaboriamo. È un sistema pensato per essersi evoluto attraverso gli adattamenti, in un mondo altamente variabile, nel corso di centinaia di migliaia di anni.

La ricerca condotta dal professor Richard Potts, fondatore dello Smithsonian’s Human Origins Program, ha dimostrato che l’evoluzione dei nostri antenati è stata plasmata da una notevole instabilità ambientale. Di conseguenza, non ci siamo evoluti per adattarci a un particolare habitat; piuttosto siamo stati in grado di sopravvivere alla variabilità evolvendo in caratteristiche che ci consentono di essere più bravi nell’adattamento stesso. Queste caratteristiche ci hanno permesso di sopravvivere in una vasta gamma di habitat.

Gli esseri umani si adattano principalmente attraverso la cultura, che implica l’esplorazione, il perfezionamento e il consolidamento di comportamenti o invenzioni che contribuiscono alla nostra sopravvivenza. Diverse specializzazioni cognitive contribuiscono a questo processo di creazione della conoscenza in modi complementari. La collaborazione porta a soluzioni di alta qualità che non sarebbero possibili per nessun individuo o gruppo di individui simili. Questo ci rende interdipendenti, il che significa che persone con abilità diverse devono collaborare efficacemente per adattarsi e risolvere i problemi con successo.

Alla luce di questa teoria, possiamo guardare a uno dei problemi più urgenti di oggi: il cambiamento climatico. Per affrontare questo problema incredibilmente complesso, avremo bisogno del potere collettivo della cognizione complementare. Ciò comporterà la rivalutazione delle pratiche culturali della nostra società moderna, inclusa l’emarginazione delle persone dislessiche, che ci impedisce di sfruttare la nostra piena capacità collettiva di adattamento.

Dislessia: la mente esplorativa

La maggior parte delle persone, inclusi educatori, accademici e politici, considera le persone dislessiche come aventi un disturbo dello sviluppo, che si riflette in difficoltà a leggere e scrivere. Eppure questo cosiddetto disturbo colpisce una larga parte (circa il 10-20%) della popolazione mondiale, indipendentemente dalla cultura o dalla lingua. Tale ubiquità suggerisce che i dislessici, piuttosto che avere un disturbo, hanno in realtà una forma vantaggiosa di cognizione trasmessaci dai nostri antenati nel corso di migliaia di generazioni.

Una nuova ricerca mostra che i cervelli delle persone dislessiche sono specializzati nell’esplorazione, ovvero tendono a esplorare l’ignoto piuttosto che fare affidamento sulla conoscenza esistente. L’esplorazione è associata alla sperimentazione, all’invenzione e alla scoperta e può comportare l’esplorazione di nuove conoscenze nello spazio e nel tempo astratti, nonché nello spazio fisico. Questa specializzazione va a scapito dell’elaborazione di informazioni più dettagliate, della sequenza e dello sfruttamento del noto, il che contribuisce a spiegare perché le persone dislessiche hanno difficoltà di lettura e scrittura.

Date le loro maggiori capacità di esplorazione, non sorprende scoprire che esse tendono a lavorare in più discipline, spesso spinte a scoprire e connettersi. Nei dislessici la specializzazione esplorativa sembra manifestarsi in punti di forza di livello superiore, come il miglioramento delle capacità di identificare le cause alla radice dei problemi e individuare i modelli fondamentali di un sistema, di anticipare le tendenze a lungo termine e inventare soluzioni strategiche o tecnologiche altamente originali.

Con queste nuove intuizioni, stiamo appena iniziando a renderci conto che queste capacità hanno importanti implicazioni per affrontare il cambiamento climatico e creare un mondo più sostenibile.

Come le persone dislessiche potrebbero aiutare ad affrontare il cambiamento climatico

Insieme ai loro punti di forza di livello superiore, i dislessici hanno la capacità di immaginare il futuro e una spinta a cercare nuovi modi per adattarsi. Questo è forse il motivo per cui c’è una percentuale così ampia di persone dislessiche che lavorano nel settore della sostenibilità. Come afferma Anthony Hobley, co-direttore esecutivo di Mission Possible Partnership: “Le persone dislessiche sono i pensatori dei sistemi naturali dell’umanità. Sono convinto che le loro abilità uniche le avranno portate nell’area del cambiamento climatico. Credo che la razza umana abbia un piccolo numero di noi che è programmato per preoccuparsi del quadro generale e del futuro come parte della nostra strategia di sopravvivenza collettiva”.

Nonostante le loro impressionanti capacità cognitive, i dislessici sono spesso emarginati culturalmente e stigmatizzati sin dall’infanzia a causa delle loro difficoltà di alfabetizzazione, con le loro intuizioni che, spesso, non vengono prese sul serio. Questi tipi di pratiche radicate nella cultura potrebbero involontariamente minare la nostra capacità di trovare e agire su soluzioni innovative e creative per risolvere i principali problemi della società, compreso il cambiamento climatico.

Abbracciare la cognizione complementare

Immagina cosa potremmo ottenere se riprogettassimo i nostri sistemi esistenti. La cognizione complementare potrebbe essere un quadro comunemente utilizzato per garantire che i gruppi collaborino con successo, consentendoci di adattarci e risolvere le sfide della sostenibilità in modo più rapido ed efficace.

In questo quadro, le persone verrebbero generalmente reclutate nei cosiddetti “gruppi adattativi”, ovvero team composti da persone con capacità cognitive altamente complementari, che consentono loro di collaborare efficacemente e produrre le migliori idee e soluzioni possibili. La specializzazione esplorativa, tipica della dislessia, non sarebbe vista come un disturbo, ma piuttosto come un’abilità importante che viene valorizzata e coltivata sin dal primo giorno. I bambini sarebbero incoraggiati a imparare attraverso l’esplorazione, ovvero a capire le cose, scoprire e innovare oltre ad imparare dalle conoscenze esistenti.

È probabile che l’innovativa risoluzione dei problemi che emerge da questo sistema altamente cooperativo rafforzi notevolmente e persino acceleri la nostra capacità di creare società adattive e sostenibili in tutto il mondo.

Un cambiamento in meglio

Essendo un’area di ricerca e un approccio completamente nuovo per l’adattamento ai cambiamenti climatici, c’è ancora molto che stiamo cercando di elaborare, come il modo in cui la cognizione complementare può inserirsi al meglio nelle nuove pratiche commerciali e come può essere applicata efficacemente nell’istruzione. Tuttavia, ciò che è certo è la necessità di adattarsi più velocemente. Un passo fondamentale in tal senso è modificare i valori culturali dominanti della nostra società moderna. Sottolineando la collaborazione rispetto alla competizione e abbracciando diversi modi di pensare, possiamo sfruttare la capacità collettiva dell’umanità per creare una società sostenibile.

Articolo tradotto da World Economic Forum del 29 marzo 2022

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