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Ha senso imparare le tabelline? Questo dilemma non si era mai posto nella scuola “tradizionalista”, fino a quando il parlare di specificità di apprendimento come quelle legate alla dislessia ha dato qualche sano scossone ad un certo tipo di didattica obsoleta, ponendo non pochi quesiti alla scuola e al sistema educativo internazionale.

Conoscere bene le tabelline… è questa la qualità che deve avere un futuro matematico?

Direi di no e non lo dico solo io! 

Prendiamo ad esempio Einstein. Nel mio libro Le aquile sono nate per volare scrivo:

“Il mio principale punto debole era una memoria povera, soprattutto per quanto riguarda le parole e i testi; non affollavo la mia memoria con i fatti che avrei potuto trovare facilmente in una enciclopedia” (è Einstein che parla).

Non riuscendo a risolvere i problemi di matematica e di scienza, inventò una sua strategia; nel suo studio aveva una lavagna dove c’erano scritte le tabelline: Einstein non le imparò mai!

Questo problema non lo abbandonò mai, tanto che quando era già uno scienziato riverito in tutto il mondo non si vergognava di avere nel suo studio una lavagna con sopra scritte le tabelline. Negli stessi anni, a un giornalista sbalordito per la sua abitudine di non imparare a memoria il proprio numero di telefono, replicò assai seriamente che il suo cervello era troppo prezioso per occuparlo a mandare a memoria numeri che poteva benissimo scrivere sulla sua agenda, e che solo uno sciocco l’avrebbe intasato con dati del tutto inutili.

Quello che serve per essere dei matematici è curiosità, la capacità di astrazione, l’equilibrio tra metodo e creatività.

Eppure in Gran Bretagna, dallo scorso settembre il programma delle scuole primarie ha introdotto regole più restrittive sulla matematica. Le tabelline vanno imparate entro la fine dell’anno quattro, cioè quando i bambini hanno 9 anni. Le tabelline da conoscere arrivano fino al 12 e, soprattutto, devono rispondere velocemente. I bambini sono così costretti ad allenarsi con test a tempo sia a casa che a scuola, ogni giorno.

 

Mandare a memoria le tabelline è una capacità legata alla memoria, ma non per forza collegata con la logica e la matematica. Secondo la studiosa Jo Boaler, docente di didattica della matematica presso l’università di  Stanford in California,

Imparare le tabelline a memoria è inutile e dannoso. Far credere a un bambino che, se non riesce a fornire in tempi record il risultato di una tabellina, significa che non è portato per la matematica, è un errore.”

Comprendere il significato delle tabelline significa apprendere ad eseguire le moltiplicazioni e le divisioni con efficienza e sicurezza. Ed è per questo che vengono considerate fra le “basi” della matematica.

Allora sì alle tabelline, ma sorridendo e senza stress. E laddove la memoria non ce la fa, come nel caso di un DSA, esiste la tabella pitagorica e la calcolatrice. 

Fra i metodi migliori per imparare le tabelline abbiamo il metodo analogico di Camillo Bortolato che in un’intervista, oltre a spiegare le basi del suo metodo, afferma che il PC può aiutare a memorizzare le tabelline:

“L’interfaccia del computer è un sistema posizionale, perfetto per apprendere perché è fatto di icone in cui vengono classificati i vari dati. La difficoltà dell’apprendimento delle tabelline consiste nel fatto che bisogna trasformare in icone ciò che è senza volto, cioè i numeri.”

Ed eccoci quindi giunti alla conclusione di questa discussione, mai chiusa e sempre aperta!

E’ per questo che ho selezionato una serie di App divertenti per imparare ridendo e, soprattutto, facendo appello a stimoli visivi e sonori che “agganciano” meglio gli apprendimenti.

Trovate la mia selezione sul sito a cui collaboro, Mamamò.

2 commenti su “IMPARARE LE TABELLINE: SI’ O NO?”

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